“Un allenatore è un po’ come una bella donna”. Comincia con un azzardato paragone, che al giorno d’oggi qualcuno oserebbe pure accostare al sessismo, il saluto di congedo di mister Marco Gaburro, ormai ex allenatore del Rimini. “Quando inizi a frequentarla – prosegue – tendi a notarne i numerosi pregi, mentre con il passare dei mesi, o addirittura degli anni, questi lasciano sempre più il posto ai difetti, o quelli che per te sembrano essere tali”.
“Il mio approccio con Rimini è stato entusiasmante”. Inevitabile che le parole, messe nero su bianco con una certa confidenza sul suo blog, partano da quell’esordio folgorante e che da subito aveva fatto sognare l’immediata promozione nel professionismo, ma anche molto altro… “La squadra che allenavo che ha giocato un buon calcio per mesi in un campionato difficile e pieno di incognite come quello della serie D, ha via via fatto breccia nel cuore di una tifoseria che in quel momento era più delusa che altro.
Poi, è arrivata la serie C, con le sue complessità e le sue peculiarità, assolutamente diverse da quelle del mondo dilettantistico e il nuovo gruppo che mi sono trovato a gestire, nato dall’unione di due grandi anime (vincitori della D e calciatori di categoria) è partito con una sana dose di incoscienza e si è tuffato nella nuova avventura raccogliendo punti”.
Di qui in avanti la presa di coscienza sulle fragilità, sue e del gruppo: “sembrava che la stagione potesse essere più semplice del previsto ed invece il difficile doveva ancora arrivare, perché le problematiche solo in parte coperte dai primi risultati necessitavano di essere affrontate, anche in maniera brusca, per venir limate e sperare di garantire ancora risultati in futuro e invece in quel momento è iniziata una fase di sofferenza che è di fatto durata fino al fischio finale dell’ultima partita a Pontedera”.
Lì è maturato l’addio, lì sono iniziate incomprensioni e rotture. “Un amore finito? Da parte mia, assolutamente no. Semplicemente un’inevitabile evoluzione delle cose, che poi mentre le vivi sono sempre estreme e lasciano poco spazio ai ragionamenti, ma poi, col passare dei giorni, a mente fredda, emergono per quello che sono, e cioè parentesi di vita che ti portano a conoscere e farti conoscere da un territorio e la sua gente, percorrere assieme un tratto di strada e poi salutarti, come è normale che sia, portando con te pezzi di vita che non si potrebbero nemmeno raccontare e lasciando, sparso qua e là, qualche bel ricordo”.
Infine un monito, rivolto ai tifosi tutti e in particolar modo quelli critici: “A loro dico di essere fieri di quello che la società sta facendo, di non guardare sempre e solo chi sta meglio e di tener presente il fatto che ci sono anche molte realtà grandi come o più di Rimini che vivono situazioni sportive decisamente peggiori. A quella parte di stadio che negli ultimi mesi ha contestato (a volte a ragione) ribadisco il mio pensiero: questa squadra ha avuto difficoltà enormi e solo alcune di esse sono venute alla luce, ma quasi mai non ha sudato la maglia”.
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