“Ti spiego una cosa, l’umanità è una piaga, siamo disgustosi, narcisisti, parassiti e il mondo sarebbe migliore senza di noi”.
Qual è il motivo per cui sprechiamo i pochi neuroni rimasti a scrivere di uomini di soccer?
Se lo meritano?
Le risposte a queste domande sono:
1) perché gli uomini di soccer sono inutili, e le inutilità sono le poche cose su cui si può scrivere senza fare danni.
2) sì, nella accezione negativa della affermazione. Si meritano di essere castigati per il tonnellaggio di ipocrisia che riversano sulla nostra inutile esistenza.
Nel silenzio tombale che contraddistingue la comunicazione societaria, i media partner si agitano tra finti bersagli di mercato e doglianze dei vecchi soci fatte passare per originali pensieri dei soliti fidati giornalisti da riporto.
Ma noi no, a noi piace spendere due parole sull’ipocrisia e il narcisismo che regnano sovrani sui social: il non luogo che ha sostituito in un colpo solo il bar e il cesso del bar.
Ci tocca pure leggere commenti risibili sulla delicatezza dei nostri socceristi… che pena.
Cerchiamo di non fare chiarezza.
Per prima cosa, i socceristi sono dei professionisti non dei ragazzini da coccolare per accompagnarli nel grande gioco della vita.
Vengono pagati per la prestazione, non per fare presenza. E, attenzione, vengono pagati anche se giocano male, se fanno cappelle a ripetizione. Certo se perdono un campionato perché sono inadeguati (come ad esempio, i primi nomi a caso che mi vengono in mente: Bianchi, Calderoni, Tozzo e Lewis) non ricevono il premio, ma lo stipendio lo prendono ugualmente.
Quando leggiamo interviste in cui si lamentano che i fischi li condizionano ci chiediamo se questi ragazzi capiscono di essere dei protagonisti di uno spettacolo che si esegue davanti ad un pubblico.
Per la cronaca, il giorno successivo alla disfatta, i nostri eroi erano in giro a consolare il loro enorme dolore con dosi di gin tonic e selfie.
Trattateli da professionisti perché non sono i vostri figli, nemmeno i vostri amici, e di voi e del Cesena e della maglia e della piazza e della storia e della tifoseria, non gliene frega niente di niente di niente.
Dai che forse ce la facciamo a diventare un pubblico maturo e non una classe di beoti che vanno a dottrina per prendere la prima comunione.