Il duello socceristico tra Forlì e Ravenna, ardente come il sole che scalda la Romagna, ha tenuto gli spettatori col fiato sospeso fino all’ultimo battito del cronometro. Un epilogo che ha sottolineato l’equilibrio serrato di una contesa che, al novantacinquesimo minuto, si è risolta in un abbraccio fraterno nel il risultato finale e la parità. Com’è giusto che sia da bravi romagnoli. Non va mai dimenticato che alla fine siamo tutti romagnoli.
Nel primo tempo, il campo ha visto germogliare tensioni, scontri vibranti tra i contendenti. Una lotta dura, ma la situazione è rimasta un misterioso rebus da risolvere. Nella ripresa, il Forlì ha sfoderato tenacia e grinta, sospinto dalla voglia di conquistare la vittoria. Ma la difesa del Ravenna, come un baluardo inespugnabile, ha resistito, impedendo agli avversari di scrivere il proprio nome sul tabellone.
L’astuto maestro Antonioli ha tessuto la trama tattica con Greselin in avanti e Prestianni a centrocampo. Dall’altro lato del campo, Gadda, con il recupero di Campagna, ha orchestrato l’opera, inserendo Alluci in sostituzione dell’infortunato Rrapaj. Il pareggio ha spezzato la catena di due sconfitte consecutive per il Forlì, mentre il Ravenna ha guadagnato un punto cruciale, considerando le sorprendenti battute d’arresto di Victor San Marino, Imolese e Carpi.
Ma, come spesso accade nella tremenda danza del soccer, un’ombra si è proiettata fuori dal rettangolo verde. Franco Bonavita, il timoniere che ha condotto il Forlì sino a sfidare il Milan in Coppa Italia nella stagione gloriosa del ’95-’96, si è trovato di fronte a una barriera inaspettata al botteghino. La lunga coda, lenta come il cammino di un lumacone, gli ha impedito di varcare la soglia dello stadio, trasformando la sua attesa in frustrazione.

Su Facebook, Bonavita ha dipinto con parole taglienti la sua esperienza, mettendo in luce la gestione discutibile dell’accesso. Va sottolineata la mancanza di riverenza per una figura di spicco come la sua, sollevando il velo su uno scandalo surreale: il più grande allenatore nella storia del Forlì costretto a pagare il biglietto invece di ricevere un perpetuo omaggio, un tributo dovuto da una squadra che lui ha plasmato. Il grido di Bonavita scuote le fondamenta, ponendo domande sul rispetto e la gratitudine che il Forlì riserva a coloro che hanno scolpito il destino del club nella storia socceristica.
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