Mourinho è fonte di ispirazione, per noi NON esteti del soccer.
Poche settimane fa ha chiarito un concetto elementare: chi fa un gol in più e ne prende uno in meno, vince e se vince è un bravo allenatore.
Facendo una riflessione sul panorama del giornalismo sportivo locale, alla schiera foltissima dei servi del padrone, che ascrive le più prestigiose firme locali, si aggiunge quella, recente, dei servi dell’insensato.
Coloro cioè, che sostengono proposizioni “insensate” solo per l’orgoglio di non ammettere l’errore o per ragioni di umore personale o peggio ancora per ragioni di pseudoamicizia o per ragioni dogmatiche o per tutte queste insieme.
Gente senza qualità, direbbe un ex presidente.
Gente che si nasconde dietro frasi insensate, che non possono essere vere o false, per uscire dal proprio imbarazzo.
Sostenere “abracadaba Socrate” è facile per questi professionisti del nulla cosmico, perché nessuno potrà dire che hanno detto una cosa falsa.
Non volevo scomodare Wittgenstein, che i nostri non sanno neppure dove sta di casa; possono sempre rimediare con l’intelligenza artificiale, non avendone una naturale.
Uno si aspetta che un ingegnere o un tecnico, per formazione, partano dall’osservazione della realtà per descriverla, spiegarla (Wittgenstein appunto), invece no, assistiamo esausti, da mesi, ad una continua interpretazione della realtà, anzi, ad una continua reinterpretazione della realtà.
A quale scopo? Con quale vantaggio?
Ma torniamo allo Special One.
Mourinho prosegue il suo mai banale ragionamento, con una considerazione; oggi gli allenatori hanno perso il ruolo fondamentale che avevano fino a poco tempo fa, stanno perdendo la centralità nella vita del club.
Ovviamente non sempre è così, ma la nuova generazione di tecnici è di fatto esautorata da alcune delle proprie prerogative, redistribuite a procuratori, assistenti, dirigenti, proprietari, comitati, analisti, direttori sportivi.
Figure che, dice Mou, sono “il più dele volte impreparate”.
Allora troviamo a Cesena, un allenatore Mignani che non è un cuor di leone e che ha a che fare con il dirigente che gli suggerisce di far giocare questo o quello, la proprietà che gli suggerisce quale portiere scegliere, il giocatore di peso che spinto dal proprio procuratore, prende in mano le redini dello spogliatoio e magari non solo quello, da chi gli fa il mercato, da chi gli dice con che schema giocare e la preparazione, e il giovane da lanciare il vecchio da rigenerare, con qualcuno vuole decidere o influenzare la decisione.
Insomma il nostro povero Don Abbondio, che non è un tecnico scarso, ma che si rende conto di essere un impiegato in mezzo a tanti vasi di ferro, cerca di accontentare un po’ tutti, senza pestare i piedi a quasi nessuno, se non a chi, come ad esempio Ciofi, viene giudicato (a torto) ancora più di coccio.
Per i nostri commentatori, se Mignani porta a casa dei risultati, questi sono dovuti, se invece i giocatori che manda in campo sottoperformano, allora la colpa è sua, perché guai, a vedere e raccontare la realtà, i comitati, il DS, i proprietari, i procuratori, ecc insomma tutti quei personaggi che “il più delle volte sono impreparati” potrebbero risentirsene, e allora arriva la telefonata storta, la ritorsione, l’isolamento.
Quindi meglio non raccontare la realtà, incensare chi può darti informazioni per scrivere l’articolo o chi ti blandisce con il miele dell’adulazione, piuttosto che raccontare la realtà che si vede.
Che è quello che cerchiamo di fare noi, che non abbiamo bisogno di like per alimentare il nostro amor proprio, invero molto scarno.
PS: ricordiamo al nostro gentile pubblico, che i trofei si vincono con maggiore frequenza con allenatori di un certo spessore: Ancelotti, Mou, Guardiola, Klopp, Conte e nel nostro piccolo con i Bisoli, i Castori, i Toscano. Quindi auspichiamo che a Mignani sia dato il valore e il peso che merita, perché possa giocarsi le carte che ha, senza dover essere esautorato delle proprie prerogative da figure “il più delle volte impreparate”.