Le origini del successo del Cavalluccio partono dagli Stati Uniti

Mi trovo momentaneamente impossibilitato ad esprimere i miei inutili pareri sulle sontuose prestazioni dei nostri gagliardi ragazzi.
Sono infatti da alcune settimane in viaggio negli Stati Uniti, alla ricerca delle origini del successo del Cavalluccio.
Ovviamente siamo ben consci che il delicato animale marino, sensibilissimo all’inquinamento, sia una specie tutelata, per questo motivo abbiamo chiesto e ricevuto le autorizzazioni necessarie per utilizzare il nome del cavalluccio. Esso infatti è protetto e può essere utilizzato solo previo accordo con chi ne detiene la proprietà.
E chi la detiene?
Ma ovviamente la nostra amata società.
E come fa a detenerla?
Perché è stata acquistata da un’asta fallimentare.
E con quali soldi?
Con i soldi che i tifosi hanno versato per gli abbonamenti della stagione 2019-2020 e che hanno lasciato sul piatto, pur avendo il diritto ai rimborsi causa covid.
Ricordate come i martoranesi furono contenti di quel regalo che i tifosi fecero e che permise, alla parsimoniosa gestione romagnola, di acquistare l’amato simbolo.
Puntualizzato questo, passiamo al motivo del mio gran tour.
Sto realizzando una inchiesta alla scoperta degli americani che investono nelle serie minori del soccer italiano.
Chi sono?
Cosa vogliono?
Dove vanno?
Chi sono? Sono un poeta. Eh no, sono avvocati, tutti grandissimi avvocati, principi del foro.
Cosa vogliono? Una squadra dove lanciare amici e parenti, una sorta di antenna nel bel paese che aiuti giovani e meno giovani di talento (tanto o poco non importa) a trascorrere qualche mese spensierato in riva al Savio.
Per fare questo sono disposti a sborsare qualche milione e mettere in piedi una squadra di sparring per sostenere le velleità dei loro protetti.
A noi va benissimo, l’importante è vendere e prendere.